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Convivio Fisar Prato al Castello di Verrazzano

Lo sapevate che a New York ci sono tre pietre che dalle fondamenta dal Castello di Verrazzano di Greve in Chianti, il 17 aprile 1963, sono state murate sul pilone d’ingresso del Verrazzano Narrow Bridge? Nello stesso giorno altre tre pietre, prese da quello stesso ponte sono state portate a Greve e murate sulla facciata del Castello Toscano, in onore dell’impresa di Giovanni da Verrazzano, il famoso esploratore toscano che su incarico del re Francesco di Francia, a bordo della sua caravella, andò in cerca di nuovi passaggi fra oceano Atlantico e Pacifico, scoprendo così la baia di New York.

Su quel ponte fra Brooklyn e Staten Island, noi della Fisar Prato, qualche domenica fà, ci abbiamo passeggiato con la fantasia, grazie ai racconti di Luigi Giovanni Cappellini, attuale proprietario del castello di Verrazzano, mentre guardavamo ammirati la bellissima vallata di vigneti distesa di fronte ai nostri occhi.

Qui, nella ex residenza di Giovanni da Verrazzano, si è svolto il Convivio d’Inverno 2023 della nostra delegazione, una festa di amici e colleghi, durante la quale tra applausi ed acclamazioni da stadio, si sono diplomati, fieri e sorridenti, 14 nuovi sommelier fra cui ben 9 donne e sono stati consegnati gli attestati di primo e secondo livello ai corsisti che continueranno il percorso verso il diploma.

La giornata è iniziata con una tappa per noi fondamentale, la visita delle cantine del millenario castello.

Il nostro anfitrione ci incanta con la storia del castello che, costruito già al tempo degli insediamenti etruschi e romani, passa per Giovanni l’esploratore, che mai vi fece ritorno e si narra sia stato catturato e mangiato da una tribù di cannibali alle Bahamas. La sua storia prosegue con la famiglia Ridolfi nella persona di Luigi Ridolfi amante dello sport che qui nel 1936, ospitò la squadra italiana di atletica per gli allenamenti ai giochi olimpici, fautore poi della costruzione dello Stadio Artemio Franchi e grande protagonista della storia della fiorentina e dell’origine del colore viola della maglia dei suoi giocatori.

Questi ed altri gli aneddoti sulla storia del castello che il padrone di casa ci racconta con passione, incuriosendoci.

Nel 1958 il Cavalier Luigi Cappellini, lasciò Lamole ed acquistò la proprietà Verrazzano, oramai decadente, iniziando un lavoro di ristrutturazione e rinascita dell’intera proprietà, fino all’attuale splendore, la cui conduzione oggi è nelle mani di Luigi Giovanni.

Questi, architetto, lavora nell’azienda di famiglia fin da ragazzo, è Fondatore e Presidente della Fondazione Giovanni da Verrazzano e tra l’altro, mentre parla e cammina accanto ai dipinti raffiguranti quest’ultimo, sembra davvero assomigliargli; è promotore, insieme alla Fondazione per la Tutela del Chianti Classico, del riconoscimento della zona del Chianti come patrimonio dell’UNESCO, è Presidente dell’Associazione Distretto Rurale del Chianti, consigliere del Consorzio Chianti Classico, promotore del brand Gallo Nero e difensore della qualità dei prodotti Chianti Classico. Inutile dire quanto tutto quello che ci racconta esprima il suo attaccamento a questa terra, tanto quanto i sui incarichi.

Anche lui amante dello sport, come pare sia tradizione di questo castello, è il fondatore e capitano della squadra di ciclistica di Verrazzano, e nella panoramica sala da pranzo dell’agriturismo, accanto alle botti di vino, ha parcheggiate le sue biciclette, in un contrasto d’arredo unico.

L’intera tenuta di 230 ettari, rimasta tale da oltre 1000 anni, è divisa in 52 ettari di vigneto, circa 150 ettari di bosco, oliveti ed un allevamento di cinghiali. Il tutto organizzato per funzionare come nell’ordine del ciclo della vita. Si coltiva e si riusa quello che serve, sia che venga dal bosco che dalla vigna. I vigneti sono rinnovati ciclicamente e mantengono un età media di12 anni. Biologici, anche per necessità, vista la difficoltà di meccanizzare le vigne, si sono certificati ufficialmente nel 2014. I vini di Verrazzano, 7 etichette più il vinsanto, sono prodotti quasi tutti da vitigni a bacca nera, Sangiovese in primis, poi Merlot, Canaiolo, Cabernet Sauvignon e Colorino,

La bacca bianca è presente in piccola parte con trebbiano Toscano, Traminer e Malvasia lunga del Chianti.

Tutta la tenuta è divisa in singole vigne che seguono la conformazione del territorio curate e coltivate in funzione della protezione dei terreni e soprattutto dei problemi di erosione dovuti alle piogge che negli ultimi decenni si sono concentrate in periodi più brevi ma con maggiore intensità. Godono del clima che queste colline con esposizione ad est offrono e che il sangiovese tanto gradisce.

La vendemmia nemmeno a dirlo la si fà rigorosamente a mano.

Interessante il metodo di appassimento delle uve per il vinsanto che, qui vengono appese a dei chiodi impiantati su delle stecche di legno appese agli alti soffitti della Vinsanta e sollevate da terra; ogni grappolo è quindi rimesso nella posizione naturale che aveva sulla vite, prende aria singolarmente e cosa non meno utile, gli acini fallati cadono a terra naturalmente per essere eliminati con facilità.

Ed a questo punto, tutti a tavola !! Davanti ad un panorama mozzafiato, leggiamo un menù con prodotti della tenuta e del territorio, tutti Bio, una scelta fortemente voluta e perfettamente in linea con la persona che ce l’ha appena raccontata.

E per chi non c’era, ve lo raccontiamo questo Menù, certamente toscano, abbinato ai vini di casa, anzi del Castello egregiamente serviti dai nostri colleghi di Fisar Firenze:

Antipasto di salumi e formaggi, con assaggio di fett’unta ed altro assaggio di aceto balsamico. Olio ed aceto, entrambi prodotti a Verrazzano, serviti con, Rosso Toscana IGT Verrazzano, che qui chiamano “Il nostro Minituscan”. A base Sangiovese e merlot, vinificato ed affinato interamente in acciaio, con aggiunta di trebbiano Toscano, alla maniera dei vecchi contadini, si è rivelato un vino molto piacevole, rosso rubino, fresco e giovane ma equilibrato con profumi e sapori di frutti rossi croccanti, ben si sposava con il saporito antipasto.

Primo Penne al ragù Chiantigiano, servito con il Chianti Classico DOCG, 95% Sangiovese, rosso rubino, affinato 18 mesi in botti di rovere francese. Un vino di corpo e caldo, con profumi spiccati di frutti rossi, tannino ben presente ma piacevole come solo il sangiovese sa dare, sapido e fresco, ben abbinato al piatto ed al suo gustoso sugo.

Secondo Peposo e patate al forno, servito con Chianti Classico Riserva DOCG, 95% Sangiovese, rosso rubino intenso, granato sull’unghia con aromi di frutta rossa matura, tabacco, pepe nero e poutpoury. In bocca è di corpo, caldo ed avvolgente, con tannini morbidi e ben amalgamati alla componente fruttata, con un finale di bocca persistente e vellutato. L’altro vino in abbinamento al secondo piatto è il Chianti Classico Gran Selezione DOCG, 100% Sangiovese dal vigneto Querciolina, rosso rubino, profumo intenso e spiccato di frutta rossa, marasca, mora e lampone freschi, vaniglia e spezie, tannini levigati ma ancora giovani, più leggero nel corpo rispetto alla riserva, con un finale lungo ma leggermente amarognolo ed astringente.

La conclusione a “cantucci e vinsanto” e una ottima tarte tatine di mele viene servita appunto con il Vin Santo del Chianti Classico Doc,100% trebbiano toscano, invecchiato in botti per almeno due anni, giallo ambrato intenso con sentori eleganti di miele, noce e frutta secca, in bocca è caldo, dolce e fresco.

Tirando le somme, ci siamo regalati una domenica in un luogo stupendo pieno di storia e di storie, con illustri antenati che portano alto il nome della nostra bellissima Toscana in tutto il mondo, dove l’attenzione per le attività contemporanee volge sempre un occhio alle tradizioni e dove protagonista è la gestione circolare ed attenta, di tutte le risorse della tenuta.

Articolo di Stefania Agostini