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Barbera del Sannio o Camaiola?

Ormai eletta “spacciatrice personale di curiosità campane”, Caterina di Terra Mja mi ha ospitato per la degustazione dei vini di Simone Giacomo, giovane titolare dell’omonima cantina.

Questa è situata nel comune sannita di Castelvenere, ai piedi dei Parchi Regionali del Matese e del Taburno. Il territorio di quest’area (la più vitata a livello nazionale)  è attraversato da costoni tufacei e l’edificio che ospita la cantina di Simone è una cosiddetta Grottola, cioè una struttura ipogea scavata nel tufo e dotata di un’apertura superiore per il ricambio dell’aria, l’illuminazione e soprattutto per la caduta dell’uva pigiata.

Castelvenere dicevamo, su circa 15 kmq di superficie totale del paese, 11 sono ricoperti da coltivazioni a vigneto. Questo significa un immenso patrimonio di vitigni.

 

Simone ci porta in degustazione Silvana una Falanghina del Sannio igp 2020 vinificata in purezza e affinata per 8/10 mesi in acciaio. Eleganti i profumi che spaziano dalla frutta tropicale ai sentori floreali di ginestra e tiglio, morbido il sorso, peccato per l’abbinamento con ricotta di bufala e alice di Cetara che tendono a coprire il vino.

 

Gli altri due vini proposti sono una chicca del territorio. Il vitigno è la Camaiola che nonostante sia già iscritto nel registro nazionale delle varietà di viti da vino, non può ancora uscire con il proprio nome sulle etichette. La troviamo, ascoltate bene, come Barbera del Sannio. E perché Barbera vi chiederete? Ci sono varie versioni sull’origine di questo nome.

 

Una di queste si lega all’emigrazione nel Nord America di quelli che poi divennero i primi protagonisti della vitivinicoltura castelvenerese. Oltreoceano conobbero la grande notorietà del vino Barbera, allora il più famoso al mondo, e, una volta tornati in patria, per differenziare la loro produzione dal vicino Solopaca, battezzarono così il loro prodotto.

 

Un’altra è legata a una cellula Valdese presente nel Sannio; riferendosi ad un termine provenzale (la lingua ufficiale dei Valdesi), Camaiola identificherebbe una varietà capace di «macchiare di nero», un’uva dall’alto potere colorante, proprio come questa barbera che barbera non è come confermato da numerosi studi genetici.

 

Ma veniamo … ai bicchieri!

 

Il primo vino in assaggio è il Barberosa rosato beneventano igp 2020, 100% camaiola (o barbera del Sannio come appunto appare in etichetta). Il colore è cerasuolo intenso di ciliegia matura, in bocca è caldo, rotondo e poco tannico. Servito a temperatura ideale ben si abbina a un prosciutto di Pietraroja, anche questo un gioiello quasi introvabile della gastronomia campana.

 

Il secondo è un rosso, il Camaiola Barbera Sannio dop 2020, 100% camaiola, rosso rubino intenso con riflessi violacei. Profumo floreale di rosa e di frutta rossa matura. Morbido e poco tannico. Accompagnato da un formaggio stagionato affinato con vinacce di aglianico.

 

La maggioranza dei presenti ha eletto uno di questi tre vini il migliore della serata.

Vi invito a provarli e a scegliere il vostro!

Articolo di Alessandra Tempestini