Quando si parla di Nebbiolo il riferimento alle Langhe è immediato, ma più raramente si associa a tante altre realtà storiche del Piemonte, meno conosciute e spesso meno frequentate.
Un viaggio, quello della degustazione proposta da FISAR Prato nella persona di Simona Orlandi responsabile delle degustazioni, alla scoperta di sfumature diverse di questo nobile vitigno e delle sue espressioni nel nord del Piemonte, tra DOC e DOCG meno conosciute.
Francesco Villa, enologo e docente FISAR nonché miglior Sommelier dell’anno 2013, ci guida in questo percorso.
Quello che colpisce ancora prima di iniziare l’assaggio di questi vini, è come la geografia di questi luoghi abbia impattato sullo stile di vita di questi abitati e come questo, di riflesso, abbia influenzato la produzione vitivinicola locale.
Un territorio chiuso, tra valli e vette, fiumi e laghi che ha portato ad un isolamento culturale che ha fatto sviluppare forme di allevamento della vite uniche come la Maggiorina e la Topia. La prima costituita da quattro viti sostenute da otto pali di castagno, piantate verso i quattro punti cardinali e che si sviluppano di conseguenza; la seconda che invece ricorda la pergola e consente la duplice coltivazione tra i filari di ortaggi e tuberi e permette il riparo dei grappoli da grandinate e altri eventi atmosferici.
Una sapienza che viene ancora oggi impiegata dalla nuova generazione di vignaioli che, dopo lo spopolamento delle campagne degli anni ’50 a favore delle città circostanti, è tornata per portare avanti quest’arte.
Qui il terroir non è una corrente di pensiero, ma il naturale sviluppo delle tradizioni del luogo.
Partiamo quindi con l’assaggio di “Sole e Roccia” Carema DOC 2020 di Monte Maletto (95% nebbiolo e 5% Nero d’Ala, 18 mesi di affinamento in barriques usate). Questo produttore ha all’attivo 1 ettaro vitato; il vino è più una passione che un’effettiva fonte di sostentamento per lui.
Il suo vino (come anche tutti gli altri che seguiranno) si distingue subito per un colore scarico, che parlando di Nebbiolo non ci stupisce più di tanto. Al naso si distingue per profumo di fiori di zagara e agrumi, che vengono confermati anche all’assaggio. E’ un vino diretto, poco ruffiano con una bella acidità e con un tannino piuttosto marcato.
Ci spostiamo poi all’assaggio di Gattinara DOCG 2019 di Franchino Mauro (Nebbiolo in purezza, 36 mesi di botte grande). Anche questo un piccolo produttore, come tutti gli altri della serata. Vinifica solo 2/3 dei suoi ettari perché in cantina ha solo due vasche di cemento e tanto basta per rendermelo simpatico.
Al naso il suo vino risulta decisamente più complesso del precedente con un ventaglio più ampio di profumi che qui includono anche ruggine, una bella nota ematica e spezie dolci. Sicuramente le botti sono più nuove rispetto al produttore precedente e riescono a infondere al vino molta più personalità, ma incide senz’altro anche la composizione del terreno vulcanico a far emergere tutta questa mineralità che invece era assente nel vino precedente. Al palato il tannino risulta ben integrato e il vino scorre bene in bocca, rimanendo ammandorlato nel finale ma non amaricante.
Proseguiamo il nostro viaggio con Fara DOC 2018 di Castaldi Francesca (70% Nebbiolo e 30% Vespolina, 24 mesi in botte grande). Produttori da generazioni, il padre è stato anche fondatore della cantina sociale (che durante lo spopolamento delle campagne dello scorso secolo qui ha avuto il ruolo fondamentale di mantenimento delle tradizioni e della produzione) ed è stata la prima azienda biologica del territorio, una scelta ante tempore che la premia tutt’oggi per la sua sostenibilità.
Il suo vino si presenta con un colore più intenso rispetto ai precedenti, probabilmente dovuto al taglio con una percentuale sostenuta di Vespolina, e al naso risulta infatti ricco di frutti di bosco (spiccano molto mora e ciliegia) ma anche di un profumo di sottobosco e una nota erbacea. Al palato sorprende il tannino che risulta un po’ astringente, forse non ancora ben integrato ma con grande margine di miglioramento.
Continuiamo la degustazione con Bramaterra DOC 2018 di Antoniotti (70% Nebbiolo, 20% Croatina, 7% Vespolina e 3% Uva Rara, 30 mesi di botte). La particolarità della sua cantina sono i tini di cemento interrati, ereditati da inizio novecento (quando per mantenere le temperature controllate, si usavano metodi naturali). Anche qui sicuramente si apprezza un ventaglio diverso di profumi dovuto alla composizione ampelografica del vino; una bella nota balsamica ma anche di paglia ed un sentore di bergamotto. L’annata 2018, che nella zona infatti è stata particolarmente favorevole, ci lascia un bel vino con un tannino piuttosto piacevole e che scorre bene in bocca.
Ci spostiamo ancora a “Ai livelli” Ghemme DOCG 2017 di Mazzoni (100% Nebbiolo, 24 mesi in botte grande), il nome deriva dalla zona in cui è piantato il vitigno; l’azienda è presente sul territorio dal XIV secolo anche se negli anni del dopoguerra c’è stato un quasi totale abbandono che ha fatto saltare una generazione di vignaioli che fortunatamente è stata rimessa in sesto prima della fine del secolo. Questo risulta essere il mio vino preferito della serata per la complessità dei suoi profumi che si sviluppano su un sottofondo ricco di note tostate di caffè. Quindi mi segno l’etichetta per future serate, anche se apprendo possa essere difficile reperire questi vini al di fuori delle loro zone di produzione perché si tratta sempre di realtà abbastanza circoscritte. Vorrà dire che approfondirò l’argomento con un viaggio enogastronomico in zona.
Eccoci quindi arrivare a Lessona DOC 2016 di Tenuta Sella (100% Nebbiolo, 24 mesi in botte grande). Sulla carta si potrebbe pensare a un copia-incolla del precedente, considerando che percentuali e mesi di affinamento sono gli stessi, invece niente di più sbagliato. Il suolo sabbioso di Lessona ci lascia un vino dal colore decisamente scarico (anche per la media dei Nebbiolo). Al naso il profumo del vino è invitante e ricco di spezie dolci, fiori appassiti, note ematiche e ruggine; al palato, il tannino leggermente polveroso ed il centro bocca leggero ci suggeriscono che il vino è apprezzabile nell’immediatezza.
Concludiamo con Boca DOC 2016 di Le Piane (85% Nebbiolo, 36/48 mesi di botte grande). Il vino risulta chiuso a un primo esame, con un netto profumo di smalto. Pazientiamo un attimo facendo ossigenare il vino e riusciamo a far emergere anche delle erbe officinali, tra cui il timo e una prugna matura. Al palato il vino risulta decisamente piacevole e con un tannino ben integrato.
Una bellissima conclusione di serata, che ci ha permesso di approfondire queste realtà e apprezzare le sue peculiarità.
Articolo di Alice Padovani
Sommelier in servizio Cristina Aiosa e Andrea Fantacci