ROMAGNA ALBANA DOCG
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IL NETTARE DI BOSA

Della malvasia si racconta che si sia diffusa nel bacino del mediterraneo grazie a Venezia ed alla sua potenza navale.

La laguna, fin dal II° secolo A.C, è stata affascinante centro di scambio di culture, religioni, scoperte e merci, punto di arrivo della via della seta dall’ estremo oriente. Venezia ed i veneziani, abili conoscitori delle mode dei tempi, non ci misero molto a comprendere le potenzialità commerciali di questo vino che trovarono in un’ isoletta del Peloponneso, un vino adatto a sopportare i lunghi viaggi per mare perché dolce e liquoroso.

La piccola isola che subì il dominio Veneziano dal 1400 si chiamava MONEMBASìA da li il nome Malvasia.

Difficile riuscire a catalogare la malvasia, solo in Italia tra incroci e variazioni genetiche se ne contano 18 varietà sia a bacca bianca che a bacca rossa, aromatiche e non aromatiche. In Sardegna la malvasia è bianca ed aromatica.

A nord-ovest della Sardegna, in provincia di Oristano, si trova una delle più piccole eccellenze vitivinicole italiane, la malvasia di Bosa.

Siamo in Planargia, sub-regione della Sardegna compresa tra il fiume Temo ed il versante settentrionale del massiccio del Montiferru.

Sono 7 i comuni autorizzati a produrre la malvasia di Bosa DOC: Bosa, Magomadas Tresnuraghes ,Tinnura, Modolo, Flussio e Suni. In queste valli ricche di acqua pura, intorno al 3°seccolo A.C. si stabilirono i coloni fenici su un paesaggio tutt’oggi pittoresco. Percorrere le strade che attraversano questi caratteristici borghi ci fa respirare l’essenza stessa della Sardegna, portandoci indietro nel tempo. Un tratto di costa, questo, meno battuto dal turismo, dove ritmi, disponibilità e tradizioni degli abitanti, sono puro ossigeno per chi, come me, ne percorre le stradine in pietra.

Sui terreni di origine vulcanica, dove le creste del cratere erose dal tempo sono ancora ben riconoscibili e sui suoli calcarei, ricchi di residui fossili, di quello che un tempo fu il “mare sommerso”, la malvasia trova una casa accogliente.

Della malvasia o alverega, (la bianca greca) si narra che l’astuto Ulisse la offrisse al ciclope,che scambiandola per ambrosia, il miele degli dei, ne bevesse tanta da cadere in un sonno profondo, fu così che Ulisse riuscì ad accecarlo e fuggire con i suoi compagni.

Nel sito di “SA OSA” nel comune di Cabras (OR), durante gli scavi sono stati ritrovati in ottimo stato di conservazione oltre 15.000 semi di vite, sia selvatica che domestica, risalenti a più di 3000 anni fa. Questa scoperta andrebbe a minare la teoria secondo la quale siano stati i greci ad importare la vite nel mediterraneo.

Ognuno con la propria teoria ma, tutti d’accordo nell’ affermare che la storia della malvasia si perda nella notte dei tempi, sta di fatto che in questo angolo di Sardegna, la conformazione del terreno calcareo, la brezza del maestrale, sempre presente, il sole, il mare, abbiano creato un microclima unico che, insieme alla tradizione vinicola dei vignerons tramandata da padre in figlio, si sia arrivati ad ottenere un vino che, per colore, brillantezza, dolcezza, sapidità ed aromaticità assomigli davvero tanto al nettare degli Dei.

La malvasia di Bosa si differenzia dalle altre malvasie per i grappoli spargoli dalle rese bassissime (dai 15 fino ad un max di 50 quintali per ettaro) su un territorio di poco più di 30 ettari.

Nel 1972 questo vino ottiene la DOC, un vitigno raro, sempre a rischio di contaminazioni, i vignaioli, poco più di una decina di famiglie, per rinnovare le piante usavano scambiarsi le marze per non perdere l’ dentità genetica.

Il disciplinare della malvasia di Bosa DOC prevede:

Malvasia di Bosa DOC amabile/abboccato/dolce/secco/ riserva con almeno 24m di invecchiamento di cui 12 in legno.

La Versione giovane della malvasia dai profumi delicati di pesca bianca e albicocca ai profumi erbacei e balsamici del cisto selvatico, entra in bocca pulita, netta, calda, con piacevolezza infinita, delle note di cedro e arancia canditi, se bevuta fresca si fa notare la mandorla, un’acidità ed una sapidità tali da pulire la bocca dai “gueffos” dolcetti sardi di pasta di mandorla fresca. Lunghezza infinita.

La malvasia di Bosa riserva è un vino ossidativo, lasciato in botti scolme a contatto con l’ossigeno sviluppa la flor, ovvero dei lieviti che proteggono il vino. Aromi di nocciola, mandorle, tostatura e resina, se saputo aspettare si incontra perfino un sentore affumicato, piacevolissimo poi l’assenzio in retrolfattiva.

Vino secco, strutturato, caldo e sapido.

La malvasia che non ti aspetti… stupore!

Malvasia di Bosa spumante demi-sec /dolce

Con sentori di ginestra e pesca, piacevolmente acidulo, ottimo aperitivo.

Malvasia di Bosa passito amabile/dolce

Vino ambrato, complesso, frutta matura, albicocche e fichi secchi, zenzero e zafferano, nonostante l’elevato grado zuccherino, la freschezza data dal terroir fa ripartire una salivazione che ne esalta l’equilibrio.

 

“NON SEDERTI A TAVOLA, IL NOSTRO VINO VA BEVUTO IN PIEDI”
mi dicono i vignaioli di Modolo, solo così ti potrai accorgere quale deve essere l’ultimo bicchiere, se ti siedi, poi non ti alzi più!

Mai un consiglio fu più azzeccato, questo vino, ti richiama il sorso sempre una volta di troppo!

Finisce così tra i sorrisi anche questa esperienza, con in mano un calice brillante oro pieno non solo di ”vino pulito” come l aria tersa dal maestrale, ma carico di tradizioni che la proteggono, ancora oggi, da mode che tendono ad uniformare i mercati invece di amarne e rispettarne tutte e le differenze.

Articolo di Valeria  Betti